Marco Biondi | La mano tetraplegica
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La mano tetraplegica

La mano tetraplegica

La tetraplegia è un evento catastrofico che determina la perdita di funzione degli arti superiori e inferiori. I pazienti tetraplegici considerano il miglioramento della funzione della mano e dell’arto superiore come capace da sola di determinare un netto miglioramento nella loro qualità di vita. Migliorare questa funzione vuol dire avere una maggiore indipendenza nella vita quotidiana, ritornare a svolgere attività ludiche e lavorative. Nonostante questo importante desiderio, molti pazienti non riescono ad entrare in contatto con la chirurgia, che permette ai pazienti di migliorare le proprie capacità e raggiungere una maggiore indipendenza, abbandonando ausili e raggiungendo maggiore autonomia.

Obiettivi della chirurgia sono spesso il recupero dell’estensione del gomito e il ripristino della funzione di apertura e chiusura con forza della mano. Queste funzioni sono fondamentali per permettere ai nostri pazienti di migliorare la loro qualità di vita. Varie sono le tecniche chirurgiche a nostra disposizione, ormai consolidate nel tempo e negli anni. Nell’ultimo decennio, le opzioni chirurgiche sono cambiate radicalmente grazie all’avvento dei trasferimenti nervosi, che hanno permesso di migliorare ulteriormente il recupero della funzione delle mani nei pazienti tetraplegici. Da circa 10 anni utilizziamo queste moderne tecniche di trasferimento nervoso, di cui conosciamo bene pregi e difetti. Queste tecniche, tuttavia, rispetto ai classici interventi di trasferimenti tendinei, rendono l’intervento chirurgico dipendente dal tempo trascorso dalla lesione midollare subita dal paziente. Prima viene eseguito e migliore sarà il risultato. Entrare precocemente a contatto con il chirurgo diventa di fondamentale importanza per poter sfruttare al meglio le potenzialità di queste moderne tecniche chirurgiche.

La Tetraplegia

La tetraplegia rappresenta una condizione invalidante di perdita di funzione degli arti superiori e inferiori. Si ha spesso la paralisi di più muscoli a livello della spalla, del gomito, dell’avambraccio e della mano con impossibilità di eseguire movimenti di presa di oggetti. Questa condizione è determinata da una lesione del midollo spinale a livello cervicale. A seguito di un trauma (un tuffo in acqua bassa oppure un incidente stradale) di un incidente vascolare (rottura di aneurismi), di un tumore o di un danno iatrogeno a seguito di chirurgia spinale avviene un’interruzione della comunicazione nervosa tra encefalo e arti superiori e inferiori. Rispetto a un paziente paraplegico, che perde l’uso degli arti inferiori, il paziente tetraplegico presenta una riduzione di funzione anche a livello degli arti superiori. In base al livello di lesione il paziente manifesterà un quadro clinico differente. Più sarà alto il livello cervicale di lesione, maggiore sarà la perdita di funzione agli arti superiori. Oltre alla condizione di paralisi si può avere una spasticità, cioè un patologico e doloroso aumento del tono muscolare con spasmi che non permettono funzioni della mano, del gomito e della spalla.

La lesione midollare è un’emergenza medica, che talvolta richiede un intervento chirurgico vertebrale di stabilizzazione per evitare ulteriori conseguenze. Dopo un’iniziale fase di shock midollare il paziente riprende gradualmente a recuperare un respiro spontaneo ed a mostrare i primi movimenti nell’arto superiore grazie alla graduale riduzione dell’edema. In base al livello cervicale di lesione il paziente inizierà a recuperare il movimento di quei muscoli innervati dai segmenti sopra la lesione midollare. Dopo questa iniziale fase di recupero, inizia una graduale fase di sprouting nervosa e ipertrofia muscolare che spiegano il parziale recupero della forza muscolare. Alcuni lavori presenti in Letteratura hanno studiato il recupero spontaneo degli arti superiori ed hanno dimostrato che se un muscolo rimane paralizzato per un intero mese dopo il trauma, la probabilità che si riprenda forza antigravità nei successivi cinque mesi è circa il 10%, se quel muscolo è ancora paralizzato sei mesi dopo l’infortunio, questa probabilità scende a circa 1%. Un recupero motorio significativo dopo sei mesi dal trauma inziale è trascurabile e per questo la chirurgia non dovrebbe essere ulteriormente ritardata.

Quali sono le principali funzioni perdute agli arti superiori?

In base al livello di lesione i pazienti mostreranno un quadro clinico differente. Paziente con paralisi a livello cervicale C5 solitamente presenta solo un certo grado di mobilità alla spalla ed al gomito, con una debole estensione di polso. Paziente con livello di lesione cervicale C6 presenta una maggior forza di estensione del gomito, una maggior forza di estensione del polso e delle dita. Tuttavia manca di forza nelle funzioni di presa a pugno e tra pollice e indice. Paziente con livello C7 presenta una buona mobilità del gomito e una migliore funzione della mano, ma con indebolimento nei movimenti fini e di precisione e una mancanza di forza nelle prese a pugno.

L’estensione di gomito e la funzione della mano in apertura, di presa a pugno e tra pollice-indice sono le principali funzioni che vengono meno nel paziente tetraplegico.

 

L’efficacia della fisioterapia

L’obiettivo principale dei terapisti e fisioterapisti della mano è di aiutare i pazienti tetraplegici ad adattarsi alla loro disabilità, un compito indiscutibilmente importante per aiutarli ad adattarsi fisicamente e mentalmente ai loro nuovi limiti funzionali. Questo viene fatto addestrandoli a usare e rafforzare i muscoli non paralizzati per compensare la funzione persa. Alcuni terapisti hanno anche l’obiettivo secondario da prevenire contratture dei tessuti, come tendini e legamenti, mediante manipolazione passiva e allungamento muscolare. Tuttavia, una Revisione Cochrane della Letteratura su 35 studi con 1.391 pazienti ha concluso che ci sono alte evidenze scientifiche che manipolazione articolare passiva e allungamento muscolare non hanno alcun impatto clinico significativo sulle contratture articolari, mobilità, dolore, spasticità o qualità della vita. Sono state proposte ortesi per la mano per prevenire la mano contratture e migliorare la funzione nei pazienti con SCI cervicali e creare la cosiddetta mano funzionale.

Gran parte dei miglioramenti osservati dopo il trattamento fisioterapico sono probabilmente una conseguenza del recupero spontaneo. Sebbene la terapista della mano migliora indiscutibilmente la capacità dei pazienti di adattarsi alla loro disabilità, questa non è in grado di migliorare il recupero neurologico dei muscoli paralizzati.

Qual è lo scopo della chirurgia nel paziente tetraplegico?

Lo scopo della chirurgia è quello di migliorare l’autonomia e l’indipendenza del paziente tetraplegico migliorandone la mobilità e la forza dell’arto superiore.

Kim Anderson nel 2004 ha effettuato uno studio su pazienti tetraplegici evidenziano come la funzione dell’arto superiore rappresenti la funzione che più di tutte desiderano migliorare, più della funzione intestinale, vescicale, sessuale ed anche più della funzione deambulatoria.  Snoek ha eseguito uno studio su 575 pazienti tetraplegici ed ha evidenziato come un miglioramento della funzione dell’arto superiore sia da sola capace di migliorare in modo significativo la qualità della loro vita. I pazienti tetraplegici spesso non riescono a svolgere funzioni basilari della vita quotidiana come mangiare, scrivere, afferrare oggetti con forza, aprire una bottiglia, curare la propria igiene ed eseguire trasferimenti in autonomia. Quasi sempre necessitano dell’aiuto quotidiano da parte di altre persone e di ausili e tutori per svolgere attività basilari come mangiare. Migliorare la funzionalità dell’arto superiore vuol dire permettere ai pazienti di poter tornare a scrivere, mangiare da soli, curare la propria igiene (eseguire l’autocateterismo), migliorare i trasferimenti in carrozzina (riducendo i decubiti), tornare a guidare l’auto e tornare anche a svolgere attività lavorative manuali importanti per sé e per la famiglia intorno a lui.

Quali sono gli obiettivi della chirurgia?

Tutto dipende dal tipo e livello di lesione del paziente, cioè dai muscoli rimasti funzionanti.

In generale possiamo dire che esistono 4 funzioni principali che il chirurgo si trova a dover rianimare:

  • Estensione di gomito
  • Apertura e chiusura a pugno della mano
  • Presa termino-laterale tra pollice e indice
  • Riduzione della spasticità

Rianimazione dell’estensione di gomito

La rianimazione dell’estensione di gomito è molto importante per il paziente perché permette fino ad un 800% in più dello spazio a disposizione interno a lui (come prendere oggetti sopra il livello della testa, spingere una porta, prendere del cibo negli scaffali più alti del frigorifero ….),permette un maggior controllo di stabilità del braccio e del tronco, permette di maggior abilità nei trasferimenti e nello spingere la carrozzina. La rianimazione dell’estensione di gomito è poi capace di migliorare la forza dei muscoli e dei tendini che vengono chirurgicamente trasferiti per migliorare la funzione della mano.

Per rianimare l’estensione di gomito possono essere utilizzate due tecniche di trasferimento tendineo: il trasferimento del deltoide posteriore oppure del bicipite brachiale pro tricipite. In base al tipo di lesione del paziente può essere preferita una tecnica rispetto all’altra. Uno dei due muscoli viene staccato dalla sua inserzione e viene trasferito sul tricipite, il muscolo responsabile dell’estensione di gomito. A questo punto, il tendine trasferito sarà in grado di compiere il nuovo movimento di estensione di gomito.

 

Rianimazione della presa a pugno e della presa a pinza termino-laterale tra pollice e indice

Se il paziente tetraplegico presenta una buona e valida estensione di polso è possibile rianimare la funzione di apertura e chiusura della mano. Se l’estensione di polso è debole o assente, questa dovrà prima essere rianimata con interventi chirurgici specifici. Poi si potrà eseguire gli step chirurgici successivi per la mano e per il pollice.

In passato venivano utilizzati due interventi chirurgici distinti: un primo intervento per aprire la mano ed un successivo e distante intervento per permetterne la chiusura. Oggi siamo in grado di rianimare questa funzione con un unico intervento chirurgico. Capitolo a parte, che verrà discusso in seguito, è rappresentato dalle moderne tecniche di trasferimento nervoso. Grazie ai trasferimenti tendinei è possibile trasformare i movimenti di flesso-estensione del polso in apertura e chiusura termino-laterale tra pollice e indice e in apertura e chiusura a pugno delle dita della mano. Alcuni tendini vengono staccati dalla loro originaria inserzione e vengono trasferiti su altri tendini per permettere un movimento che prima non era possibile. Chiaramente il prelievo del tendine che viene utilizzato non deve essere in grado di recare danno al paziente. I pazienti non si rendono mai conto di una perdita di funzione, anzi, da subito possono vedere i risultati positivi di questi trasferimenti tendinei con riacquisizione precoce del movimento prima paralizzato. Più basso è il livello di lesione del paziente e maggiore è la disponibilità di muscoli per migliorare la funzione della mano.

Le nuove tecniche chirurgiche di trasferimento nervoso

Così come possiamo trasferire dei tendini per rianimare dei muscoli paralizzati, allo stesso tempo possiamo trasferire dei nervi sani per reinnervare dei nervi non funzionanti. Anche qui, “conditio sine qua non” è rappresentata dal fatto che il nervo trasferito non crei un problema al paziente e possa essere facilmente sacrificabile per rianimare una funzione paralizzata e più importante. Rispetto ai trasferimenti tendinei ci sono alcune differenze sostanziali. Mentre un tendine può essere trasferito solo su un altro tendine per rianimare una funzione perduta, un nervo può essere trasferito su un altro nervo ma questo, a sua volta, potrà reinnervare più muscoli e quindi rianimare più funzioni paralizzate. Rispetto ai trasferimenti tendinei non c’è bisogno di molta fisioterapia, ma è necessario aspettare del tempo affinché il nervo donatore vada a ripristinare corrente nel nervo ricevente (almeno 6-8 mesi) e il movimento target possa iniziare a mostrarsi nel paziente. Tuttavia, mentre i trasferimenti tendinei possono essere utilizzati anche a distanza di molti anni dall’evento traumatico della lesione spinale, i trasferimenti nervosi funzionano meglio se eseguiti entro 1 anno dalla lesione. Questo concetto non è sempre vero, esistono alcuni variabili che il chirurgo deve conoscere, ma comunque resta una buona regola da seguire.

Queste tecniche chirurgiche di trasferimento nervoso sono note da molto tempo e derivano dalla chirurgia del plesso brachiale. Nel 2011 Jamye Bertelli, un chirurgo brasiliano, ha per primo descritto una tecnica chirurgica per rianimare l’estensione delle dita in un paziente tetraplegico. Questa tecnica, ancora oggi, rappresenta un caposaldo della chirurgia della mano tetraplegica e presenta risultati ottimi per i nostri pazienti. Nel 2016 abbiamo iniziato ad applicare queste tecniche con risultati molto buoni. Tuttavia, per alcune funzioni ancora oggi preferiamo i trasferimenti tendinei. Conoscere vantaggi e svantaggi di queste tecniche, nervose e tendinee, è fondamentale per il chirurgo della mano che deve prendere in carico un paziente tetraplegico e solo l’esperienza è in grado di poter permettere al chirurgico di offrire al paziente le migliori opzioni chirurgiche possibili.

Nel 2020 abbiamo pubblicato un’innovativa tecnica di rianimazione dell’estensione di gomito nel paziente tetraplegico. Con questa tecnica eseguiamo sia un trasferimento tendineo che nervoso per garantire al paziente il miglior risultato possibile in termine di forza. Grazie al trasferimento tendineo del deltoide posteriore permettiamo un rapido recupero dell’estensione di gomito del paziente e, col tempo, grazie al trasferimento nervoso la forza del tricipite subirà un miglioramento aggiuntivo significativo3.

Considerazioni finali

Molti pazienti trattati sono riusciti a tornare a svolgere attività ludiche, a migliorare la loro indipendenza e autonomia, a guidare l’auto e sono riusciti a tornare a svolgere anche attività lavorative manuali. L’impegno del paziente è fondamentale per ottenere il massimo della funzione dagli interventi chirurgici. L’iter per ottenere la migliore funzionalità non è breve, talvolta sono necessari più interventi chirurgici per ottenere l’obiettivo finale.

Tutti i pazienti tetraplegici dovrebbero essere precocemente informati delle possibilità chirurgiche per restituire la mobilità e la forza della mano e dell’arto superiore. Anche i pazienti con lesioni cervicali basse ed un certo grado di funzione residua della mano possono avere significativi benefici e non devono accontentarsi della funzionalità acquisita dopo il trauma. Questo miglioramento è capace da solo di aumentare significativamente la loro qualità della vita e svolgere attività come spingere una carrozzina, eseguire i trasferimenti in autonomia, eseguire l’autocaterismo, guidare e svolgere attività lavorative.

I trasferimenti nervosi permettono capacità rianimatorie fino a qualche anno fa impensabili, soprattutto laddove i trasferimenti tendinei non possono essere utilizzati (lesioni alte). Allo stesso tempo è importante che il chirurgo sappia padroneggiare sia tecniche tendinee che nervose per offrire al paziente l’opzione ricostruttiva migliore. L’esperienza del chirurgo, in questi casi, è fondamentale.

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